Meta ha recentemente ammesso di aver raccolto tutti i post pubblici degli utenti di Facebook e Instagram dal 2007 per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale generativa.
Anche se in passato l’azienda aveva già accennato all’uso dei contenuti pubblici per il training dei propri sistemi di AI, non era mai stato dichiarato chiaramente che la raccolta fosse iniziata così tanto tempo fa. A giugno, Mark Zuckerberg aveva presentato l’iniziativa come una novità, facendo intendere che l’addestramento avrebbe avuto inizio solo da quel momento. In realtà, la raccolta dei dati dai post pubblici di Facebook e Instagram va avanti già da 17 anni, ben prima di quanto ci si aspettasse.
Questa notizia ha sollevato molte preoccupazioni, soprattutto perché Zuckerberg ha dichiarato che Meta possiede una quantità di dati degli utenti maggiore rispetto a quelli utilizzati per sviluppare ChatGPT. L’uso dei post e dei commenti pubblici per addestrare un chatbot solleva non solo dubbi sulla privacy, ma anche il rischio che l’intelligenza artificiale venga esposta a contenuti tossici, come commenti d’odio e razzismo, che sono purtroppo frequenti sui social.
Negli ultimi tempi, Meta è stata obbligata a offrire un’opzione di rinuncia (opt-out) per gli utenti in Europa e nel Regno Unito, ma la questione della legalità di questa pratica resta aperta, soprattutto perché l’opzione di default era attivata automaticamente, senza chiedere il consenso esplicito (opt-in) degli utenti. In altre aree, come negli Stati Uniti e in Australia, Meta non offre alcuna possibilità di opt-out, lasciando gli utenti senza alcuna scelta su come i loro dati vengano utilizzati.
La conferma delle pratiche di Meta è arrivata in seguito a un’indagine condotta in Australia. Melinda Claybaugh, direttrice globale della privacy di Meta, inizialmente aveva negato che la raccolta di dati fosse cominciata già dal 2007. Tuttavia, di fronte alle domande incalzanti del senatore Tony Sheldon, ha ammesso che Meta ha raccolto post pubblici di Facebook e Instagram per oltre 17 anni. Questo significa che, a meno che i post non siano stati resi privati dal 2007, Meta ha automaticamente incluso foto e testi di tutti i contenuti pubblici.
L’azienda ha sottolineato di non aver raccolto i dati degli account di minori di 18 anni, ma ha ammesso che sono state incluse le foto di bambini pubblicate sui profili pubblici dei genitori. Questa precisazione ha sollevato ulteriori dubbi etici sulla raccolta indiscriminata dei dati, specialmente quando si tratta di immagini di minori.
L’ammissione di Meta ha aperto una nuova fase del dibattito su privacy e utilizzo dei dati personali per l’intelligenza artificiale. La mancanza di trasparenza in passato e l’estensione delle pratiche di raccolta rischiano di minare la fiducia degli utenti nei confronti delle piattaforme social, aumentando la pressione sui colossi tecnologici per un maggiore rispetto della privacy e delle normative esistenti.