Il giovane Berlusconi, su Netflix il racconto di come Silvio ha cambiato la tv italiana

Ieri sera ho visto Il Giovane Berlusconi. Una docu-serie in tre puntate da circa 50’, disponibile su Netflix che racconta la vita di Silvio dagli anni ’70 fino alla sua discesa in politica nel 1994. 

Chi, come il sottoscritto, è da sempre appassionato di tv e comunicazione nel senso più ampio del termine, la troverà molto interessante da seguire nonostante alcune mancanze ed una narrazione molto generosa che evidenzia più i successi che gli insuccessi (appena accennati) del Cavaliere. 

Nel racconto si intersecano gli aneddoti di Giovanni Minoli (il suo “Mixer” vero antesignano di “Belve”), Iva Zanicchi, Marcello Dell’Utri, Fedele Confalonieri, Carlo Freccero, Adriano Galliani, Achille Occhetto, Stefania Craxi, Gigi Moncalvo e Pino Corrias, con i tantissimi filmati di archivio che, purtroppo, non sono quasi mai contestualizzati in grafica.

La costruzione di Milano 2, la nascita di TeleMilano 58 che da tv di quartiere sarebbe diventata Canale 5, la conquista della tv commerciale francese con “La Cinq” (triste epilogo compreso), i successi da presidente del Milan, nella docu-serie c’è quasi tutto del “giovane” Berlusconi.

L’amicizia con Bettino Craxi e la liberalizzazione dell’etere

C’è anche l’amicizia con l’allora presidente del consiglio Bettino Craxi

Un’amicizia che gioco un ruolo fondamentale nelle vita imprenditoriale di Berlusconi. Grazie a questa, infatti, vennero emanati i cosiddetti “decreti Berlusconi”.

Negli anni 80, il monopolio radio televisivo per trasmettere in tutta Italia era esclusivamente della RAI (le reti private potevano trasmettere solo in ambito locale) e in diverse regioni d’Italia alcuni magistrati fecero spegnere il segnale di Italia 1, Rete 4 e Canale 5 perché -di fatto- secondo loro, violavano la legge anche se i programmi venivano trasmessi “in contemporanea” e non “in diretta” attraverso il criterio della syndacation (modalità di trasmissione fatta passare nel doc come un sistema inventato da Berlusconi ma esisteva già in America da diversi anni). 

Grazie, quindi, a quei decreti (e alla successiva legge Mammì) fu liberalizzato l’etere consentendo alle mamme che protestavano per la chiusura di Italia 1, di far vedere I Puffi ai figli all’ora di cena. E a Silvio di continuare la raccolta pubblicitaria, perché “la pubblicità compra le teste che guardano i programmi”. 

Un viaggio nel tempo che racconta anche il grande cambiamento della percezione della realtà culturale e politica che c’è stata nel nostro paese grazie -o per colpa- delle sue tv, e che si conclude con la discesa in campo nel gennaio 1994 e la successiva nomina a Presidente del Consiglio, il momento storico nel quale “la politica non ha più a che fare con la vita e con la morte ma avrà a che fare con la televisione”.