Cattiverie a domicilio, l’hate speech un secolo prima dell’avvento dei social network

Questo weekend fatevi un regalo e andate al cinema a vedere “Cattiverie A Domicilio” (titolo originale: Wicked Little Letters), un giallo dai contorni esilaranti con una Olivia Colman strepitosa (e anche il resto del cast, in quanto a bravura non scherza).

Cattiverie a domicilio, sinossi

A Littlehampton, in Inghilterra, vive Edith Swan una devota cittadina, cristiana, a modo e mai fuori posto che è destinataria di una serie di lettere anonime piene di insulti volgari e diffamatori.

La prima indiziata e subito arrestata, sarà Rose Gooding (Jessie Buckley) immigrata irlandese vivace, ribelle e anticonformista, sua vicina di casa. Ma sarà davvero lei l’autrice delle lettere anonime?

Oltre allo humor tipicamente inglese, in questo film -ispirato da un’incredibile storia vera- spiccano da un lato il tema dell’emancipazione femminile (siamo nel 1922) e la difficoltà delle donne di un tempo di avere ruoli rilevanti nella società, dall’altro l’hate speech un secolo prima dell’avvento dei social network, oltre ovviamente al mistero (ma neanche troppo) che fa da filo conduttore per tutto il film e che vedrà la sua risoluzione grazie alla solidarietà femminile.

La regia è di Thea Sharrock.