L’ultima vicenda (in ordine di tempo) che travolge la Rai filo-governativa reduce da un periodo di addii molto discussi e talk show sessisti, riguarda la partecipazione di Antonio Scurati, autore di diversi libri sul fascismo e sulla figura di Mussolini, che proprio in occasione del 25 aprile (quale occasione migliore) era stato invitato da Serena Bortone a Che Sarà, programma in onda su Rai 3 nella fascia lasciata vacante da Fabio Fazio.
Questa mattina la conduttrice, tramite social, ha annunciato l’improvvisa e inspiegabile cancellazione dell’ospitata dello scrittore dal suo programma e del relativo monologo.
La Rai ufficialmente ha risposto che non si tratta di censura ma di un problema economico (il contratto però era già firmato pare) ma secondo fonti interne Rai riportate dal Corriere, il testo del monologo dello scrittore sarebbe stato vagliato dalla dirigenza che lo avrebbe considerato “fortemente schierato” in un momento di campagna elettorale (un testo contro il fascismo schierato? Parliamone).
Per questo a Scurati sarebbe stato proposto di proporre sì quel testo durante la trasmissione di Bortone, ma a titolo gratuito. Proposta che sarebbe stata respinta portando così alla revoca della sua partecipazione a “Che sarà”.
Il caso è letteralmente esploso. E questa, fatemelo dire, non è censura ma poraccitudine*.
Siamo nel 2024, come si può pensare che lo stop ad un monologo per motivi politici possa rimanere tra le quattro mura di Viale Mazzini?
Manco fosse la prima volta che accade, chi si intende -giusto un po’- di come funziona la comunicazione al giorno d’oggi sa benissimo che una roba del genere si trasforma in un boomerang di dimensioni enormi.
Si viene a creare una “vittima” con cui empatizzare, giornali e blog da stamattina scrivono solo di questo e ne parleranno per giorni. Sui social è l’argomento in tendenza. Per non parlare dei talk che aggiungeranno questo elemento alla narrazione della Rai trasformatasi in “Tele-Meloni”.
Se invece a Scurati stasera gli avessero fatto fare il suo monologo, lo avrebbero visto quei quattro gatti che solitamente guardano il programma, che non brilla per ascolti, e sarebbe passato tutto sotto traccia.
Ma siccome i dirigenti del servizio pubblico rispondono alla classe politica e non ai telespettatori, la paura di perdere la poltrona e l’arroganza hanno avuto la meglio.
Insomma, nemmeno riescono a fare una censura come si deve. E la domanda sorge spontanea per l’ennesima volta:
Ma sono del mestiere questi?
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*romanesco per indicare lo stato di chi è così privo di strumenti intellettivi da non capire nemmeno che gli mancano (definizione presa in prestito da Michela Murgia).